Un Mediterraneo senza Gheddafi
Il genio strategico di Obama e Sarkozy

E’ calata una coltre di imbarazzato silenzio su quanto sta accadendo in queste ore in Libia. Da venerdì scorso si è propagata la voce che i miliziani islamici avevano conquistato Bengasi e che l’ex generale dell’esercito, Khalifa Haftar, si sia rifugiato in Egitto. Nei fatti, gli islamisti di Ansar Al Shariah, gli stessi responsabili della morte dell’ambasciatore statunitense Stevens, hanno istituito il califfato, più numerosi e meglio armati delle truppe regolari, in modo che ora, buona parte della Cirenaica, dopo Derna a Al Baydah, ha istituito le sue repubbliche islamiche sulla stessa falsariga di Mosul. La cosa di per sé sarebbe sufficientemente grave senza bisogno di sapere che da una settimana circa si combatte per l’aeroporto di Tripoli, assalito dalle milizie integraliste di Misurata. Se anche le tribù islamiche della Tripolitania non andassero d’accordo con quelle della Cirenaica, ecco che con l’aeroporto di Tripoli in mano ai miliziani, tutta la Libia, eccetto Tobruk, dove si è riunito un imbelle parlamento a maggioranza laica liberale, sarebbe caduta nelle mani degli integralisti. I pozzi di petrolio, sarà un caso stanno già bruciando. Non si tratta ovviamente solo del fabbisogno energetico, per fortuna - si fa per dire, visto la situazione ucraina - l’approvvigionamento europeo ed italiano dipende principalmente dalla Russia. Ma una nuova guerra civile in Libia, con l’esito che pare avverarsi, comporterà una pressione insopportabile sulle nostre coste, oltre ad una minaccia terrorista in espansione, perché come sappiamo gli integralisti islamici non sono isolazionisti come lo era l’America prima della presidenza di Theodor Roosvelt. C’erano decine di ragioni per eliminare Gheddafi negli anni 80 e forse anche negli anni 90 del secolo scorso. Non ce n’era invece quasi più nessuna per farlo fuori alla fine del primo decennio del secolo in corso. Il colonnello non rappresentava più una minaccia, anzi aveva con l’occidente quella in comune del fanatismo islamico, che infatti ha rapidamente preso piede nella Regione. Non si tratta ora tanto di capire perché Bush ha fatto male a rovesciare Saddam, solidale con il terrorismo internazionale, quando Obama avrebbe fatto bene a rovesciare Gheddafi tutto intento negli affari suoi. Piuttosto bisognerebbe capire perché Bush ha mantenuto le truppe in Iraq anche dopo la vittoria ed Obama ha preferito lasciar liberare la Libia ai libici fornendo loro solo appoggio aereo. Se in Europa le truppe americane non fossero rimaste 50 anni, non osiamo pensare a quali sviluppi sarebbero conseguiti. In Iraq Obama ha ritirato le truppe ed è arrivato il califfato, in Libia non le ha mai mandate, ed adesso tutta la Regione è in fiamme. L’America non ha particolari ragioni di preoccuparsi, per lo meno al momento, di quanto sta avvenendo a Bengasi. In fondo, si è disinteressata anche della questione di Gaza e quanto alla figura fatta in Siria, meglio sorvolare. Chi non potrà disinteressarsene siamo noi europei, in particolare noi Italiani separati dalla Libia da un semplice lembo di mare. Ringraziamo Obama e anche più di lui Sarkozy che ha convinto il presidente statunitense delle grandi prospettive di un mediterraneo senza Gheddafi. Ce ne stiamo accorgendo.

Roma, 4 agosto 2014